L’ultima stagione delle sfilate internazionali ha mostrato una sorprendente inversione di tendenza rispetto agli standard di inclusività corporea. Nonostante negli anni recenti il settore avesse abbracciato una maggiore varietà di taglie e fisicità, le passerelle di New York, Milano e Parigi sono state dominate da modelle estremamente magre. Secondo un’analisi di Vogue Business “Degli 8.763 look presentati in 208 sfilate e presentazioni, lo 0,8 percento era di taglia forte, il 4,3 per cento di taglia media (ndr tra la 42 e la 46) e il 94,9 percento di taglia magra dalla XXS alla taglia S ossia 40”.
A Parigi alcuni stilisti hanno dato spazio a modelle di taglia “plus”, ma a Milano la diversità corporea è praticamente scomparsa. La situazione è tale che, secondo gli analisti di Vogue, è stato impossibile stilare una top 10 di brand inclusivi: appena lo 0,3% dei look milanesi prevedeva taglie superiori, segnalando un ritorno a un’estetica strettamente magra.
Questa svolta ha riacceso il dibattito sull’impatto dei modelli estetici sulla salute mentale e fisica, soprattutto per il pubblico più giovane. Alcuni critici hanno sottolineato come l’immagine delle modelle in passerella, nonché il ruolo dei nuovi farmaci dimagranti, possa alimentare una tendenza culturale a glorificare corpi sempre più esili, ricreando uno stereotipo ormai considerato pericoloso. L’impressione generale è quella di un ritorno alla celebrazione di standard fisici troppo magri e poco inclusivi.